E’ con una certa soddisfazione professionale che recepiamo in pieno Agosto l’Ordinanza n. 24235 del 4.8.22 della IV Sez. Civ-1 della Corte di Cassazione che ha accolto il nostro ricorso tendente a far riconoscere la sussistenza del credito in capo ad un ex socio di una snc storica di Vittoria nonostante nel corso del giudizio fosse stata cancellata la società dal registro delle imprese.
La vicenda ha le seguenti origini: una ditta vittoriese, commerciante storica della via Cavour, era stata raggiunta nel 2004 da due decreti ingiunti promossi dall’ex Banco di Sicilia con i quali si ingiungeva il pagamento di circa 500.000 euro per presunti saldi debitori e con rischio di fallimento.
La ditta si era rivolta al nostro studio opponendo i d.i. e rivendicando semmai crediti contro la banca per varie irregolarità nella tenuta dei conti correnti, con applicazione di tassi di interesse contra legem.
Il primo grado si risolveva con l’annullamento dei decreti e dunque l’azzeramento dei presunti crediti della banca, risultato già sicuramente pregevole in considerazione delle esose pretese bancarie. Tuttavia, la perizia redatta in giudizio dal CTU Dott. Senia (esperto vittoriese di elevata professionalità) aveva evidenziato la fondatezza delle richieste della ditta nei confronti della banca e che semmai era questa a dover corrispondere alla snc correntista somme ingenti per diverse centinaia di miglia di euro.
Il giudizio d’appello si era però concluso con una decisione salomonica, confermando che le richieste della banca erano infondate, ma che tuttavia non si poteva riconoscere nulla in favore della società perché questa nel corso del giudizio, durato come spesso accade in Italia oltre un decennio, era stata chiusa e cancellata dal registro delle imprese.
Avverso tale decisione l’ex socio superstite, il 14 gennaio del 2021, patrocinato dal sottoscritto, ha proposto ricorso in cassazione e questa si è espressa accogliendo il primo motivo di ricorso.
La Suprema Corte, condividendo in toto le ragioni del ricorrente, nonché superando il precedente delle Sezioni Unite della medesima Corte n. 6070/2013, ha statuito il seguente principio di diritto “che il credito controverso esistente al momento della cancellazione non può ritenersi automaticamente rinunciato ..onde l’esistenza della rinuncia, da ricondurre alla remissione del debito di cui all’art. 1236 c.c., va allegata e provata con rigore” (così anche le recenti Cass. 9464/20 e 28439/20). Conseguentemente, la sentenza impugnata della Corte d’Appello di Catania è stata cassata con rinvio ad altra sezione che dovrà decidere conformemente al predetto principio di diritto.
Grazie a questo pronunciamento della suprema Corte, la Banca potrebbe essere condannata, nel prosieguo del giudizio, alla restituzione di quanto illegittimamente lucrato, per interessi anastocistici contra legem. Ergo la banca dovrà far fronte alla restituzione delle somme indebitamente percepite durante l’ultradecennale rapporto creditizio.