Anche la suprema Corte di Cassazione, rigettando il ricorso della procura di Catania, ha confermato, stavolta in via definitiva, l’annullamento, dell’ordinanza cautelare che già il Tribunale del riesame aveva rovesciato nell’ottobre 2017. Diventano, dunque, cosa giudicata l’illegittimità per mancanza di indizi, delle richieste di arresto della Procura e la conseguente ordinanza.
Prima il tribunale del riesame e ora il provvedimento della suprema Corte hanno confermato la mancanza di indizi dei reati per cui era stato disposto l’arresto; la Cassazione suggella la valutazione del Tribunale del riesame che aveva altresì ritenuto inesistente l’ipotesi di scambio di voto con la criminalità, non sussistendo né la mafia, né l’ipotesi di vantaggi personali ed economici per i soggetti coinvolti. Gli arresti per me e mio fratello – vittime di un clamoroso errore giudiziario che, a maggior ragione dopo il pronunciamento da parte della più alta corte di giustizia, ha l’amaro sapore del sopruso – sono stati, dunque, illegittimamente spiccati e non avrebbero mai dovuto esistere.
E se le ipotesi accusatorie del 21 settembre, con l’annullamento giudiziario passato in giudicato, non esistono e non hanno più alcuna vita propria, giuridicamente il procedimento versa ancora nella fase delle indagini preliminari, contravvenendo in tal modo a qualunque ordinario svolgimento dei termini previsti dal codice di rito.
Le imputazioni infamanti contenute nell’ordinanza cautelare, diffuse a mezzo conferenza stampa e dilagate in tutta Italia con la loro violenza al decoro delle persone ingiustamente incolpate, ancorché non ritenute credibili da quanti ci conoscono, adesso non esistono più neppure giudiziariamente e resta semmai il brutto ricordo di una giustizia che non ha funzionato e non ha reso onore al codice.
Le ipotesi accusatorie del 21 settembre 2017 null’altro sono ormai se non una nube che aveva coperto il cielo di quell’avvio di autunno e che è stata adesso spazzata via, dal primo giorno di primavera.